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Galileo Chini
(1873 - 1954)

La Primavera che perennemente si
rinnova, 1914

Tecnica mista su tela, cm. 400 x 200

Il frutto dell’impareggiabile esperienza orientale confluirà nella sala di dipinti siamesi che l’artista presenterà alla Biennale di Venezia del 1914, e parimenti nella serie di pannelli concepita per la sala Mestrovic alla stessa Biennale, in cui le astrazioni formali orientaleggianti, incrociate ai secessionismi viennesi, gli permettono di esprimere il flusso rigoglioso e naturale dell’esistenza: in cui anche il soggetto, La Primavera che perennemente si rinnova, riassume il senso di misticismo panico che l’oriente gli aveva donato, attraverso l’inedita sensibilità spirituale del buddismo associata alle suggestioni teosofiche.
In quest’opera, costituita da diciotto pannelli (quattro sono di proprietà della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, quattro degli eredi di Luchino Visconti, due in deposito presso l’Accademia Scalabrino di Montecatini, uno fu distrutto dallo stesso Chini perché danneggiato, gli altri sono in collezioni private) progettati per il salone centrale della Biennale, giustamente famosa e nota come una delle realizzazioni più significative del liberty italiano, l’artista si ispirò, con una libertà assoluta, ad alcuni allestimenti di una delle più famose edizioni della Secessione viennese, quella del 1902, dedicata alla figura e alla memoria di Beethoven. I pannelli per la sala Mestrovic, comunemente definiti klimtiani dalla critica, hanno in realtà riferimenti diversi e più ampi: ad Adolf Böhm, ad esempio, che decorò il muro nord della sala del Beethoven di Klinger con il soggetto del Sole nascente, Chini ripensò per realizzare i due pannelli abbinati che ripetono il motivo dell’immensa ala contornata da losanghe geometriche, e dalla banda fiammeggiante («pilastro» in Chini) che scandisce la composizione. Da Ferdinand Kolnig, che eseguì i due affreschi rettangolari ai lati della porta del vestibolo della stessa sala, Chini derivò il tema delle fanciulle coi pepli, sovrapposte scalarmen te. Nella decorazione architettonica della sala veneziana, che curò lo stesso Chini, l’artista fa poi riferimento a diversi allestimenti di J. Hoffmann. Ma soprattutto il tema fondamentale di questa decorazione astrattizzante, è un richiamo simbolico ed esplicito alla Secessione: la Primavera, il Ver Sacrum degli artisti giovani (jugend) viennesi. Così quando Chini, nella presentazione del catalogo della Biennale, spiega il senso dei suoi pannelli (“Pensavo [...] alla primavera che allieta questa dolce Venezia quando accoglie gli
artisti di tutto il mondo, all’arte, primavera spirituale che eternamente rispunta [...]”), egli fa certamente riferimento all’introduzione di M.Burckhardt al primo numero di Ver Sacrum, dedicando idealmente questo suo lavoro al movimento artistico col quale si trovava particolarmente in sintonia di stile e di idee.