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Galileo Chini
(1873 - 1954)

Le Frodi, 1904

Olio su tela, cm. 100 x 125

Questo dipinto costituisce un eccezionale ritrovamento per la storia della prima maturità artistica di Galileo Chini, che permette di ricostruire l’ancora lacunoso nucleo di opere simboliste del primo decennio del secolo, quelle cioè che gli diedero notorietà internazionale e lo collocano tra i maggiori pittori d’avanguardia del suo tempo. Il quadro fu presentato nel 1904 alla grande mostra della “Secessione” di Palazzo Corsini a Firenze, dove l’artista aveva una vera e propria sala personale (nelle recensioni dell’epoca sono citati Gli Uguali, La Sfinge, Le Frodi, Il Condottiero, La Quiete e Autoritratto). La mostra di Palazzo Corsini, di cui lo stesso Chini dà una vivace descrizione nelle sue memorie (cfr. Il Tarlo polverizza anche la Quercia. Le memorie di Galileo Chini, a cura di F. Benzi, Firenze – Siena 1999, pp.42-46) organizzata da Giovanni Papini, dallo stesso Chini e da Ludovico Tommasi, fu la prima esposizione italiana nella quale si manifestavano apertamente le ansie di rinnovamento dei giovani artisti contro la paludata espressione delle esposizioni ufficiali e accademiche, seguite poi dalle analoghe “Secessioni” nazionali di Venezia (Ca’ Pesaro) e di Roma. La mostra ebbe un successo di scandalo enorme, iniziato con il discorso inaugurale di Papini che definiva “scimmie” gli accademici della Società di Belle Arti; così ci ricorda Chini: “L’Esposizione ebbe un successo fantastico di stima, e con questa lo scandalo sparì! Da allora Firenze ebbe un ruolo nel movimento d’arte in Italia”. Ricordiamo che il principe Corsini era socio di Chini nell’impresa dell’Arte della Ceramica, e quindi le sale del Palazzo furono concesse grazie al suo intervento e alla sua personale organizzazione della mostra, che comprendeva i più giovani e valenti artisti innovatori (soprattutto toscani), uniti a qualche presenza straniera: Nomellini, Tommasi, Costetti, Ghiglia, Spadini, De Carolis, Tofanari, Kienerk, Lloyd, Liegi, Doudelet e de Groux.
Nella recente mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna è stato identificato ed esposto Le Frodi, perfettamente riconoscibile in quella descrizione che Nello Tarchiani ci fornisce nella recensione sulla rivista “Hermes” (Arte Moderna in Italia, in “Hermes”, V, luglio 1904, p.257): “tre donne malefiche che cercano di nascondere le facce turpi negli ampi mantelli, allontanandosi da un uomo che le sfida minaccioso col guardo sicuro”. Il dipinto è in effetti uno dei più suggestivi e significativi di questo periodo chiniano: il taglio originalissimo, con l’autoritratto idealizzato del pittore che sembra entrare nel quadro con atto volitivo, è significativo di una ricerca di modernità formale che rompe le regole compositive accademiche; le figure ammantate compongono un insieme di intenso afflato simbolista, accentuato dalle colorazioni fosforescenti e dallo sfondo corrusco del cielo. Il significato del soggetto è ben chiaro: il pittore alla ricerca della verità assoluta scaccia le frodi, cioè gli stratagemmi e i compromessi per ottenere una fama ufficiale, orgoglioso unicamente della sua altezza morale e delle sue qualità artistiche. Una sorta di manifesto ufficiale dell’Esposizione di Palazzo Corsini, nata proprio con questi intenti di proclamare un’arte sincera e autentica contro le falsità accademiche.
Sia per questa stretta analogia al contesto della mostra fiorentina, sia per la maggiore maturità e compiutezza pittorica rispetto ai quadri eseguiti fino al 1903 ed ivi esposti (l’Autoritratto del 1901, La Quiete – esposta alla Biennale di Venezia del 1901, La Sfinge – esposta alla Biennale di Venezia del 1903), Le Frodi si può datare al periodo immediatamente precedente l’apertura dell’esposizione, cioè l’inizio del 1904.